Le statistiche ci dicono che la maggior parte dei suicidi sono, tendenzialmente, di giovani adulti, in molti casi uomini, dai venti ai trent'anni. Nella stessa fascia d'età riscontriamo la comparsa di malattie mentali annichilenti, come la schizofrenia, e ancora prima disturbi della personalità quali il diffusissimo "borderline", che colpisce nella prima adolescenza. Innumerevoli sono le variabili nella causalità di tali fenomeni, che è praticamente impossibile stabilirne una regola, spesso però i casi in questione hanno in comune lo stress della madre in gravidanza, infanzie difficili, punti di riferimento assenti o ad intermittenza, vuoti affettivi, traumi precoci, violenze fisiche, psicologiche e sessuali.
Nonostante la mole di dati scentifici a disposizione, che però, a differenza della matematica, non possono offrirci delle prove empiriche certe (vi sono storie individuali in cui tutte le variabili menzionate sono presenti, ma ciò non è necessariamente sfociato in un suicidio), continua ad assillarci la solita ed incessante domanda, ogniqualvolta la vita ci ripropone la perdita di una persona cara in questo modo tanto brutale: perché??
Un particolare giorno della nostra storia di vita ci rendiamo conto di esistere, così, dal nulla, e necessariamente arriverà il momento in cui prenderemo consapevolezza che la nostra permanenza su questa terra non è eterna. Non c'è un'apparente risposta, ci viene detto che è così, e ci costruiscono fantasiose e favoleggianti versioni sopra questo mistero, non si sa bene se è per alleviare la nostra inquietudiene di bambini curiosi, o la loro di adulti, confusi almeno quanto noi. La morte di per sé lascia sgomenti, ma il suicidio, beh il suicidio ci lascia interdetti. Oltre alla confusione ed allo strazio sopraggiungono emozioni violente, di incapacità di comprensione, di un egoistico sentimento di offesa della nostra persona, perché nel caso specifico vi è la più o meno lucida scelta. Ci tortura il pensiero che, nel sentiero di qualcuno che in qualche modo sentivamo "appartenerci", è apparso un bivio, un fifty fifty di probabilità, e la decisione presa non ha considerato il NOSTRO dolore, il nostro renderci orfani di una vita per noi inestimabile, ma chi la possedeva, questa vita, non la pensava alla stessa maniera, in quel fatidico istante che, nel deserto che ha lasciato attorno a sé, si è fossilizzato nell'ineluttabilità.
La rabbia che non riesce a direzionarsi verso l'oggetto del nostro amore, di cui ci sentiamo ingiustamente derubati, si ripercuote su noi stessi, e forse a ragione, perché noi, nell'istante in cui quel "nostro" qualcuno sceglieva un faccia a faccia con un treno, od anziché ancorarsi alla vita si è aggrappato ad una corda implorandogli la morte, noi passavamo i nostri banali momenti nella vita d'ogni giorno, a correre appresso a futili e fugaci desideri del momento, quando quei momenti sarebbero stati inestimabili per la vita di qualcun'altro, oltre che per la nostra. Se solo l'avessimo saputo. Se solo avessimo preso in mano quel telefono anziché dire "lo faremo poi".
La mente umana non ha l'oggettiva capacità di comprendere il concetto di "mai più", di "per sempre", di "inesorabile", perlomeno si ostina nel non volerlo accettare.
Il mio percorso di vita, sempre volto alla ricerca di risposte che vanno oltre alla possibilità d'adottare il metodo scientifico galileiano, mi ha portato a raggiungere delle più o meno condivisibili consapevolezze, radicate oramai nel mio intimo, sulla collocazione che abbiamo nel disegno perfetto dell'Universo, che non è a mio avviso conseguenza di una concatenazione fortuita di cause, ma figlio di se stesso, Essere Assoluto, e di un ben preciso piano, con una propria ragion d'essere. Il caso non esiste, e per citare il titolo di un mio lavoro ancora work in progress: "Il caso è premeditata coincidenza", e ciò va infinitamente oltre la nostra capacità di comprensione, ma ciononostante ne rispetto l'ordine e le rigide fattezze.
E così, pur con estrema difficoltà e dolore, devo accettare l'inesorabilità delle scelte altrui, e se, come io penso, l'uno è nel Tutto, ma il Tutto è nell'uno, ogni decisione, per quanto lontana dal nostro più immediato benessere, segue le norme di un ordine superiore che non può non esistere che in favore di un Bene Ultimo, di un Bene Supremo. Addio amici miei, o meglio, arrivederci.
Nonostante la mole di dati scentifici a disposizione, che però, a differenza della matematica, non possono offrirci delle prove empiriche certe (vi sono storie individuali in cui tutte le variabili menzionate sono presenti, ma ciò non è necessariamente sfociato in un suicidio), continua ad assillarci la solita ed incessante domanda, ogniqualvolta la vita ci ripropone la perdita di una persona cara in questo modo tanto brutale: perché??
Un particolare giorno della nostra storia di vita ci rendiamo conto di esistere, così, dal nulla, e necessariamente arriverà il momento in cui prenderemo consapevolezza che la nostra permanenza su questa terra non è eterna. Non c'è un'apparente risposta, ci viene detto che è così, e ci costruiscono fantasiose e favoleggianti versioni sopra questo mistero, non si sa bene se è per alleviare la nostra inquietudiene di bambini curiosi, o la loro di adulti, confusi almeno quanto noi. La morte di per sé lascia sgomenti, ma il suicidio, beh il suicidio ci lascia interdetti. Oltre alla confusione ed allo strazio sopraggiungono emozioni violente, di incapacità di comprensione, di un egoistico sentimento di offesa della nostra persona, perché nel caso specifico vi è la più o meno lucida scelta. Ci tortura il pensiero che, nel sentiero di qualcuno che in qualche modo sentivamo "appartenerci", è apparso un bivio, un fifty fifty di probabilità, e la decisione presa non ha considerato il NOSTRO dolore, il nostro renderci orfani di una vita per noi inestimabile, ma chi la possedeva, questa vita, non la pensava alla stessa maniera, in quel fatidico istante che, nel deserto che ha lasciato attorno a sé, si è fossilizzato nell'ineluttabilità.
La rabbia che non riesce a direzionarsi verso l'oggetto del nostro amore, di cui ci sentiamo ingiustamente derubati, si ripercuote su noi stessi, e forse a ragione, perché noi, nell'istante in cui quel "nostro" qualcuno sceglieva un faccia a faccia con un treno, od anziché ancorarsi alla vita si è aggrappato ad una corda implorandogli la morte, noi passavamo i nostri banali momenti nella vita d'ogni giorno, a correre appresso a futili e fugaci desideri del momento, quando quei momenti sarebbero stati inestimabili per la vita di qualcun'altro, oltre che per la nostra. Se solo l'avessimo saputo. Se solo avessimo preso in mano quel telefono anziché dire "lo faremo poi".
La mente umana non ha l'oggettiva capacità di comprendere il concetto di "mai più", di "per sempre", di "inesorabile", perlomeno si ostina nel non volerlo accettare.
Il mio percorso di vita, sempre volto alla ricerca di risposte che vanno oltre alla possibilità d'adottare il metodo scientifico galileiano, mi ha portato a raggiungere delle più o meno condivisibili consapevolezze, radicate oramai nel mio intimo, sulla collocazione che abbiamo nel disegno perfetto dell'Universo, che non è a mio avviso conseguenza di una concatenazione fortuita di cause, ma figlio di se stesso, Essere Assoluto, e di un ben preciso piano, con una propria ragion d'essere. Il caso non esiste, e per citare il titolo di un mio lavoro ancora work in progress: "Il caso è premeditata coincidenza", e ciò va infinitamente oltre la nostra capacità di comprensione, ma ciononostante ne rispetto l'ordine e le rigide fattezze.
E così, pur con estrema difficoltà e dolore, devo accettare l'inesorabilità delle scelte altrui, e se, come io penso, l'uno è nel Tutto, ma il Tutto è nell'uno, ogni decisione, per quanto lontana dal nostro più immediato benessere, segue le norme di un ordine superiore che non può non esistere che in favore di un Bene Ultimo, di un Bene Supremo. Addio amici miei, o meglio, arrivederci.
CIAO JACOPO, CIAO VLADIA!!!
Bravo Bryan...
RispondiEliminaGrazie Jasmine, ovviamente avrei preferito non doverlo scrivere. Ti abbraccio, salutami Vale
Elimina