domenica 12 dicembre 2021

Beffarde sirene

 



Una veemente ostinazione m’incatena alla sicurezza di una casa amica

Le sirene cantano e mugolano il piacere dei sensi

E l’illusione che possan esser soddisfatti


La brama mi vincola alla materia

Agli inferi

E glaciale sudore freddo mi violenta la pelle


Cantate, oh beffarde sirene

Cantate, se pur volete

La morte che mi avete promesso


Una decade e più delle vostre lusinghe

Ha generato e nutrito

L’insaziabile mostro che mi possiede le membra


Roso dall’ira

Egli inghiotte la sua stessa bile

Nelle luride mani non ha che polvere

E cenere

E rimpianto e miseria

E paura e penuria

Miserabile schiavo egli perisce di odio


Corrotto e decadente

Malconcio del suo morbo

Vede nel sole la beffa e il tradimento di un ennesimo giorno


Ma sogno e speranza lusingano ancora l’assopirsi del suo sonno

Poiché ove non è letame

Ivi Iddio vi ha messo il talento


E fetida bile

E amaro veleno

E ruggine e sangue a molestargli la bocca


E sale di lacrima

E sapore di bacio

Ancora vi è vita

Ancora vi è amore!


Il mostro va acquietandosi quando il grido gli è ascoltato

Il cuore va colmandosi quando un sorriso gli è donato

L’orizzonte va schiarendosi se si incede nel fissarlo


E il dolore prende il largo

Se sol si smette

Di trattenerlo


L'ultima

 - L’ultima -




Compulsivi sussulti ti trascinano 

Da una sorsata di veleno all'altra 

Abbevérati dalle mani della Morte

Anche oggi ha posato la sua falce

Ancora poco

Un sorso solo

Ti prego


Farò ogni cosa

Ruberò i minuti al tempo

Le notti al sonno


Baratterò la mia moralità 

Per qualche goccia d’oblio in più

Che taccia il mio bramare

S’acquietino le viscere

Zittitele

Vi prego!

Foss’anche per un misero momento

Uno solo


Il paradosso dello schiavo

Colui che brama la libertà

Ma non vuole rinunciare al suo padrone

Non può

Ed anche quando acqua è data all’assetato

Che taccia

Che non molesti più

Non è acqua che estingue quella sete

Poiché è vuoto che s’accresce

Ogniqualvolta lo si tenti di riempire


Condanna

Agonia

Ossessione che rosica le carni

E che divora il fegato

Reflusso gastrico

Trombosi

Suicidio e catatonia le sole porte d’uscita

Vie di fuga forse uniche

Al folle spreco di una vita

Che non c’è aiuto che possa soccorrere

E forse non ci può esser sobrietà

Che appaghi gli oggi

E ne zittisca i domani

E che porti brezze tiepide

A scaldar le gelate estremità


Ma che importa dei tramonti

Se non vi sono occhi che quieti

Li possano ammirare?

È utopia

Un domani in cui non ci si debba perdere

Nelle mille furbizie

E macchiavelliche macchinazioni

Per accontentarsi la fame?



Ancora una

Una solamente

L’ultima



Ogni volta è sempre l’ultima